Benvenuti

"Dobbiamo inventare una nuova saggezza per una nuova era. E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disubbidienti a coloro che ci hanno preceduto".
JOHN MAYNARD KEYNES Essays in persuasion

"Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che non possa cominciare mai davvero".
JOHN HENRY NEWMAN

mercoledì 28 novembre 2012

La relazione madre-figlia: tra "materno" e "femminile"

Nella relazione madre-figlia, come nelle storie d'amore, l'enigma irresolubile che si fatica a riconoscere, è la compresenza del "materno" (irriducibile a ogni comprensione razionale) e del "femminile" (altrettanto potente, irriducibile e inconscio).
Fno a quando si sta ancorate ai ruoli c'è la possibilità del vuoto, del non sapere nulla nel permanere dell'indifferenza schiacciante, ma si rischia di venire stritolate quando ci si stacca, appena ci si muove oltre le maschere, oltre le forme rassicuranti non solo dei ruoli sociali, ma di quanto siamo convinte di avere definitivamente acquisito come maturità e saggezza piana; è allora che ci si ritrova come sempre attirate nell'una o nell'altra direzione, invischiate, a rischio di cadere in una trappola.
Parlare del "materno" vuol dire entrare nel territorio misterioso della relazione con le origini sul piano storico personale e archetipico, lì dove nasce il  senso del nostro stare al mondo, e insieme il senso del nostro andare, tra nomadismo e appartenenza.
Parlare della madre significa dire dell'andare e dello stare, quindi lontano e dentro la terra, dire dell'inquietudine di una relazione in cui convivono speranza e delusione, tenerezza della memoria e dolore dell'assenza. Comunque sia andata e comunque vada il rapporto reale.
Parlare del "femminile" vuol dire entrare in un terreno altrettanto duro, che con la madre e dalla madre nasce, ma poi se ne stacca, si allontana, se ne va per conto suo [...].
Lo stampo primario delle relazioni affettive, delle storie d'amore, ma anche del nostro modo di aprirci o meno al mondo, sta dentro la madre, nell'impronta che da lei ci viene e che noi come madri a nostra volta ci troviamo a trasmettere.
Ma quando la madre avrà ultimato il compito dell'accoglimento e dell'accudimento, avrà svolto la parte simbiotica, consentendo il luogo, il tempo e lo spazio della reverie, nelle storie di vita [...] quale sarà il passo da compiere, quale il movimento del lasciare andare e dell'andarsene? Non sorà questo il senso della richiesta della volpe al piccolo principe: "Addomesticami"?



Parole di Lella Ravasi Bellocchio tratte da "Di madre in figlia", 1987, Milano, RaffaelloCortina Editore

Nessun commento:

Posta un commento