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"Dobbiamo inventare una nuova saggezza per una nuova era. E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disubbidienti a coloro che ci hanno preceduto".
JOHN MAYNARD KEYNES Essays in persuasion

"Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che non possa cominciare mai davvero".
JOHN HENRY NEWMAN

mercoledì 17 aprile 2013

Figli adolescenti e crisi di coppia

Due adolescenti, dopo averne parlato a lungo tra loro, annunciano ai rispettivi genitori: "Ogni volta che non siamo d'accordo con voi, ci dite sempre che la nostra opposizione è tipica della crisi adolescenziale, e che passerà. Ma il vostro comportamento non è forse tipico della vostra crisi rispetto alla vostra età? Se noi siamo adolescenti, voi siete invecchiati. Quando eravamo bambine, voi eravate giovani. E' difficile, per voi come per noi, accettare lo scorrere del tempo, e il passaggio da un periodo della vita a un altro".

Le ragazze non hanno torto: la crisi dell'adolescenza e il suo superamento si vivono in più persone, non riguardano solo l'adolescente: anche i genitori hanno le loro responsabilità.
Non è certamente facile per un genitore constatare di stare invecchiando e che il figlio o la figlia dimostrino quell'entusiasmo e quelle passioni che provava lui, alla loro età, e che ha loro in parte indubbiamente trasmesso.

Mentre la sua vita di coppia attraversa una crisi - provvisoria o durevole - tra noia e rivendicazioni, egli sorprende i primi segni, ai suoi occhi sempre troppo precosi, delle relazioni affettive e forse sessuali del figlio, e prova una piccola stretta al cuore, mescolata alla nostalgia, all'invidia, al rimpianto, unite talvolta a una leggera punta di gelosia. Ed è sufficiente che entrino in gioco ad esempio la monotonia del proprio lavoro o il rischio di essere licenziati, per far affiorare una perdita di fiducia in se stessi e pensieri depressi.

Per di più, per anni, in una dolcezza complice o nel conflitto, nella felicità o nel malinteso e nell'insoddisfazione, il genitore si è occupato del proprio bambino, se ne è preoccupato. Ora deve prendere atto che questo bambino diventato un adolescente non ha più bisogno di lui (non è vero, ovviamente, ma questo è ciò che l'adolescente afferma).

I genitori che hanno fiducia in se stessi e in ciò che hanno trasmesso al loror figlio si lasciano meno coinvolgere dalla sua crisi. Lo stesso accade a quelli che non si sentono aggrediti dalle sue domande, anche se formulate in modo aggressivo: essi vi trovano la forza e il sostegno necessari per guardare in faccia la loro storia familiare.

Questo perchè la crisi (o le domande) dell'adolescente rivela, o risveglia, nei suoi genitori delle storie familiari complesse, la cui origine può trovarsi nelle generazioni passate.


Parole di Daniel Oppenheim, psichiatra e psicoanalista, tratte da "Dialoghi con i bambini sulla morte", 2000, Erickson, Trento

mercoledì 10 aprile 2013

Esistono ancora gli adulti?

Cosa sta accadendo? Se l'adulto è qualcuno che prova ad assumersi le conseguenze dei suoi atti e delle sue parole, non possiamo che constatare un forte declino della sua presenza nella nostra società. Gli adulti sembrano essersi persi nello stesso mare in cui si perdono i loro figli, senza più alcuna distinzione generazionale; rincorrono facili amicizie sui social network, si vestono allo stesso modo dei figli, giocano coi loro giochi, parlano lo stesso linguaggio, hanno gli stessi ideali. Questo nuovo ritratto dell'adulto esalta il mito immortale di Peter Pan, il mito della giovinezza perenne, la retorica di un culto dell'immaturità che propone una felicità spensierata e priva di responsabilità.

La domanda di molti nostri giovani ed è una domanda che insiste e che ci mette con le spalle al muro: esistete ancora? Esistono ancora degli adulti? Esiste ancora qualcuno che sappia assumersi responsabilmente il peso della propria parole e dei propri atti? Al centro non è più il conflitto edipico tra le generazioni, ma la solitudine di una generazione che si sente lasciata cadere, abbandonata, che cerca il confronto con il mondo degli adulti ma non lo trova, che fa fatica a trovare degli adulti coi quali misurare il proprio progetto di mondo.

L'adulto non è tenuto a incarnare nessun modello di perfezione, nessun ideale normativo. Anzi tra i suoi esemplari peggiori dobbiamo proprio catalogare quelli che si offrono come modelli ideali agli occhi dei giovani. A un adulto non si deve chiedere di rappresentare l'ideale di una vita cosiddetta morale, né tantomeno, di una vita compiuta, ma di dare peso alla propria parola, il che significa innanzitutto provare ad assumere tutte le conseguenze dei suoi atti. Un adulto non è tenuto a incarnare nessun ideale di perfezione, ma è tenuto a dare un peso simbolico alla propria parola.

Il problema è diventato quello dell'assenza di cura che gli adulti manifestano verso le nuove generazioni. In gioco è lo sfaldamento di ogni discorso educativo



Parole di Massimo Recalcati, tratte da "Il complesso di Telemaco", Feltrinelli, 2013

mercoledì 3 aprile 2013

Educare è un'impresa congiunta

Se i genitori non hanno confrontato tra di loro gli obiettivi e i mezzi dell'educazione da impartire rischiano una continua diatriba: accade che l'uno sgridi e punisca il figlio e che l'altro si prodighi per esautorare il coniuge e rendere così inefficace il suo intervento.

Mentre la madre obbliga severamente Mario a riordinare la stanza, il padre entra e ridendo esclama: "Proprio tu, che sei la donna più disordinata che io conosca!". Oppure il padre sta allenando il ragazzo per un torneo di calcio, quando la madre si intromette: "Non stancarlo con queste sciocchezze che deve ancora fare i compiti!". Sono discrepanze solo apparentemente casuali che rivelano però un disaccordo di fondo.

Quale importanza attribuire all'ordine, alla pulizia, alla proprietà, al denaro, al cibo, al gioco, alle convenienze, alla competizione, all'amicizia, alla coerenza, alla sincerità, all'obbedienza non può essere deciso di volta in volta. Occorre condividere una visione di massima, un ordine di priorità, uno stile di rapporto. Sulla singola situazione le differenze sono sempre possibili, ma è meglio non intervenire direttamente di fronte al ragazzo; si potrà sempre discuterne in un secondo momento. I figli sono infatti abilissimi a dividere i genitori, a porli in contraddizione tra di loro, a giocarli l'uno contro l'altro.

Parole di Silvia Vegetti Finzi tratte da "Il romanzo della famiglia", 1992, Mondadori, Milano