La ricerca ha individuato nella
costruzione dello psichismo mafioso siciliano proprio la presenza di una sottostante matrice familiare
“satura”.
Inserire in un registro
linguistico psicologico il termine “saturazione” è stato un utile espediente
semantico per qualificare la matrice psichica del mafioso; è profondamente
calzante perché l’organizzazione mafiosa opera un riempimento totale e
massiccio del contenitore mentale dei suoi adepti, ai quali non lascia spiragli
per il cambiamento, sbarrando ogni possibilità di trasformazione di stato.
L’irrigidimento del pensiero, costretto in copioni già scritti, è tale da
amputare la soggettività dell’individuo.
Il modello fondamentalista può
essere accostato a Cosa Nostra in quanto essa è foriera di un pensiero totalizzato
del suo “Noi-famiglia” d’appartenenza.
Nelle organizzazioni a carattere
settale le individualità si sciolgono e si fondono in un unico grande corpo che
procede all’unisono. Si genera in tal modo un sistema omogeneo e
indifferenziato che sembra disgregare persino le funzioni psichiche dei singoli
i quali, spesso allucinati da una sorta di incantamento ideologico, giungono a
commettere gesti efferati e incomprensibili.
La presenza di una matrice
familiare satura non permette all’individuo di pensarsi diverso dalla medesima
causando una predominanza fantasmatica del passato che rende molto instabili i
confini fra mondo interno e pensiero familiare.
Lo sfondamento della rete che
costituisce la propria sicurezza è un’esperienza di quasi morte perché annienta
per un istante l’identità, perché è un insulto ai vincoli che la costituiscono.
Ma una volta attraversata questa esperienza catastrofica si può sentire di
esistere davvero: accade un’estasi identitaria, una nuova nascita nell’ordine
simbolico.
Questo è il gesto della
ri-appropriazione di sé, di affrancamento dalla nascita biologica e che
permette di diventare persona. Quando tale emancipazione esistenziale è
sbarrata, solo rivolgendosi indietro si può sopravvivere. Così l’uomo perduta
l’opportunità di esistere soggettivamente “ripara” nel grembo delle matrici
familiari. Ed è esattamente quello che accade nella famiglia mafiosa.
La famiglia in questa prospettiva
non è intesa semplicemente come un insieme di relazioni tra persone e tra regole e ruoli, ma soprattutto come
ambiente psicologico, come una matrice di pensiero: l’identità personale viene
a definirsi affettivamente attraverso un processo complesso e inconscio di
mentalizzazione e introiezione degli strumenti di pensiero dell’organizzazione
antropologica di cui fa parte.
E’ nel comportamento quotidiano,
nel vivere comunitario che l’individuo massimizza sempre i possibili vantaggi
della propria famiglia: è soggetto all’esercitazione di una forza inconscia che
preme dall’interno con lo scopo di soddisfare i bisogni dell’organizzazione
famiglia. Senza la famiglia così concepita interiormente, il mafioso non
sarebbe tale.
Parole di Serena Giunta e
Emanuela Coppola (psicologhe cliniche) tratte da “Territori in controluce”,
2009, Milano, FrancoAngeli
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