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"Dobbiamo inventare una nuova saggezza per una nuova era. E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disubbidienti a coloro che ci hanno preceduto".
JOHN MAYNARD KEYNES Essays in persuasion

"Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che non possa cominciare mai davvero".
JOHN HENRY NEWMAN

mercoledì 5 dicembre 2012

Perchè anche andare dal terapeuta può diventare un atto che incide sulla costruzione di una società migliore?

Credo che il progressivo ridursi dell'influenza della società civile di contro alla schiacciante presenza del mercato e dello stato sia il fattore principale nell'espandersi dell'uso della psicoterapia alla fine del XX secolo. In altri termini, più famiglia e collettività si deteriorano, più aumenta il nostro lavoro come terapeuti.
Gli individui provano sempre più ciò che il sociologo Emile Durkheim cominciò a scoprire cent'anni fa: l'atomizzazione della società produce individui alienati, deprivati di chiare norme di comportamento. Le cartelle cliniche dei terapeuti sono piene di casi di individui che sono debolmente ancorati a famiglia e comunità e che trovano sempre meno significanza personale nel loro ruolo di consumatori e cittadini (i due ruoli principali offerti dal mercato e dallo stato). La psicoterapia è diventata il dottore dell’anima moderna sradicata.
Purtroppo, anziché deplorare questo cambiamento e invocare un rinnovamento della famiglie e della collettività, il campo della psicoterapia ha accettato – e talora indirettamente promosso – la premessa che l’erosione del potere della società civile sia necessaria per permettere all’individuo di aspirare ad autenticità individuale e vantaggio psicologico.
Noi in effetti aiutiamo i pazienti a instaurare “relazioni” migliori, ma con un’enfasi sulle connessioni volontarie, reciprocamente soddisfacenti nelle quali manca un senso di obbligo e di responsabilità per il reciproco benessere. Quando questo tipo di relazione diviene la norma, l’etica del mercato occupa l’ambito privato con la sua presa utilitaristica.
I nuovi studi sui contesti sociali e politici della psicoterapia si occupano quasi esclusivamente di aiutare i pazienti a plasmare la propria vita a dispetto di forze sociali negative. L’attivismo sociale prende l’aspetto della rivendicazione dei propri legittimi diritti nella collettività.
In breve, è un dato acquisito che le collettività sono responsabili del benessere degli individui. Ma che dire delle responsabilità degli individui verso la promozione del benessere della propria collettività, per renderla più sicura, più umana, più bella, più giusta?
Non vi è alcuna contraddizione fondamentale tra perseguire i propri bisogni privati e promuovere il benessere della collettività. Pertanto quando promuoviamo l’impegno attivo dei pazienti nella collettività promuoviamo allo stesso tempo il loro benessere personale. Non sto proponendo una nuova prescrizione di attivismo sociale quanto una nuova descrizione della rete continua che connette il bene privato a quello pubblico.

Parole di William J. Doherty (terapeuta sistemico) tratte da “Scrutare nell’anima”, 1997, Milano, RaffaelloCortina Editore

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