Dare la vita significa trascendere l’esperienza mercantile definita come il guadagno di una cosa mediante la perdita di un’altra. Chi dà la vita non soltanto non perde niente poiché si tratta di un dono-trasmissione, ma guadagna tutto. Guadagna il fatto di restituire la vita che gli è stata donata senza perderla e la possibilità di donare a qualcuno per tutta la sua vita qualcuno che non può essere un oggetto.
Dare la vita è anche accettare di morire perché bisogna che coloro che danno la vita muoiano perché quelli che nascono vivano, per far loro posto.
Proprio per questo è necessario che gli uomini partecipino a questa capacità di dare la vita che è stata in primo luogo attribuita alle donne. Proprio per questo il matrimonio fonda la società ed è il luogo di concentrazione dei regali e dei figli. La nascita è il dono per eccellenza, in tutte le società.
Il dono ci collega alla società e al mondo. Il dono reintegra l’umanità nel cosmo. E’ la teoria generale dello scambio, una teoria non limitata ai protagonisti del gioco mercantile. E’ il riconoscimento dell’universo altrimenti che come oggetto, il superamento dei diritti individuali.
Se noi continuiamo con la logica dei diritti, diventeremo sempre più attenti ai diritti di alcuni, e va benissimo; ma questa logica è anche, e simmetricamente, una logica di esclusione di tutti coloro che non hanno le caratteristiche necessarie per godere dei diritti e di pensare in termini di interesse generale. Sono così progressivamente esclusi non solo gli animali, ma anche i bambini, dopo il feto.
Il diritto del bambino dipende dalla definizione preliminare del bambino, sulla quale il bambino stesso non ha nulla da dire, non ha alcun diritto. Per il momento, i diritti cominciano dalla nascita.
La democrazia è consistita nell’estendere progressivamente la definizione di cittadino, cioè di coloro che sono dotati di ragione; ma questa estensione razionalistica ha dei limiti. A partire dal concepimento fino a quando diventa un cittadino, l’essere umano è considerato come un essere in formazione, non ancora a pieno titolo, non ancora libero, non ancora in possesso delle caratteristiche di una persona, dunque non ancora dotato del diritto di difendersi da solo. Allora i suoi diritti non possono essere altro che i doveri che gli altri – gli adulti – si accordano per rispettare nei suoi confronti.
A un certo punto il dono deve sostituirsi al diritto.
Dopo aver constatato che la modernità era fondata su una rottura fondamentale tra produttori e utenti che trasforma a termine ogni legame sociale in rapporto tra estranei retto dal mercato o dallo Stato, vediamo apparire una rottura ancora più fondamentale: una rottura con l’universo che separa l’essere umano dalla tradizione (dal passato) e dalla trascendenza. In altri termini, tutto quello che non è la somma degli individui ragionevoli utilitaristi esistenti a un momento dato è trasformato sia in oggetto (il resto del cosmo, a cominciare dagli animali) sia in illusione (i morti, gli antenati e coloro che ancora non esistono).
Il dono è ciò che compare e non era previsto né dal gesto né dalla legge, nemmeno quella del dono. E’ questo il paradosso della gratuità. Questa grazia che compare in più.
Parole di Jacques T. Godbout (sociologo) tratte da "Lo spirito del dono", 1993, Torino, Bollati Boringhieri
Parole di Jacques T. Godbout (sociologo) tratte da "Lo spirito del dono", 1993, Torino, Bollati Boringhieri
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