Circolando, il dono arricchisce
il legame e trasforma i protagonisti. Il dono contiene sempre un al di là, un
supplemento, qualcosa in più che si cerca di definire con gratuità. E’ il
valore di legame.
Il valore di legame è cosa
diversa dal valore di scambio e dal valore d’uso. E’ forse quel che meglio
spiega la diffidenza che manifesta il dono attraverso il denaro.
La posta in gioco del regalo è
che il donatore dimostri che sa che cosa piace al donatario. Questo è più
importante della soddisfazione “mercantile” del donatario, poiché è il legame
che conta, e il dono è al servizio del legame.
Il valore di legame sfugge al
calcolo, il che non significa che non esiste. Il valore di legame è il valore
del tempo che il mercato sostituisce con una immediatezza infinitamente
estensibile nello spazio, estraendo la cosa dalla rete temporale. Più si
isolano le cose dal loro valore di legame, più esse diventano trasportabili,
fredde (congelate…), puri oggetti sottratti al tempo. Esprimendo il valore di
legame, il dono serve a dimostrarci che non siamo degli oggetti. Ritroviamo
così il dono arcaico e lo hau del
saggio maori, come lo interpreta Marcel Mauss. Lo hau è lo spirito della cosa che circola. Ora, che cos’è lo spirito
della cosa se non quel che essa contiene della persona che ha dato, quel
qualcosa che si distacca dal soggetto pur continuando ad appartenervi? E’ il
valore di legame, ovvero lo scambio simbolico.
Parole di Jacques T. Godbout
tratte da “Lo spirito del dono”, 1993, Torino, Bollati Boringhieri
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