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"Dobbiamo inventare una nuova saggezza per una nuova era. E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disubbidienti a coloro che ci hanno preceduto".
JOHN MAYNARD KEYNES Essays in persuasion

"Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che non possa cominciare mai davvero".
JOHN HENRY NEWMAN

venerdì 4 gennaio 2013

L'importanza di educare al desiderio - parte prima

Soffermiamoci su almeno due nuove angosce dei genitori di oggi.
La prima è relativa all’esigenza di sentirsi amati dai loro figli. 
Questa esigenza è inedita e ribalta la dialettica del riconoscimento: non sono più i figli che domandano di essere riconosciuti dai loro genitori, ma sono i genitori che domandano di essere riconosciuti dai loro figli. In questo modo la dissimmetria generazionale viene ribaltata. Per risultare amabili è necessario dire sempre «Sì!», eliminare il disagio del conflitto, delegare le proprie responsabilità educative, avallare il carattere pseudodemocratico del dialogo. In questo modo si produce una collusività patogena tra questo «Sì!» perpetuo e il «Perché no?» perverso che ispira il discorso sociale dominante.
La clinica psicoanalitica mostra che senza l’esperienza del limite, l’esperienza stessa del desiderio viene fatalmente aspirata verso un godimento di morte. Lo abbiamo ripetuto più volte. Resta indispensabile che qualcuno – al di là delle differenze di genere e anche al di là del legame di sangue perché, come usava ripetere spesso l’ultimo Lacan, «qualunque cosa» può porre in esercizio la funzione paterna – si assuma il peso dell’atto di introdurre la castrazione simbolica. 
Considerando però che in questo atto di interdizione è già in gioco un movimento di donazione. Perché la Legge che il padre incarna, senza pensare mai di esaurirla nella sua persona, non si manifesta affatto come una pura negazione repressiva, ma come ciò che sa rendere possibile il desiderio. 
È il problema della trasmissione: una generazione deve donare all’altra, insieme al senso del limite, la possibilità dell’avvenire, il desiderio come fede nell’avvenire.
La seconda grande angoscia dei genitori di oggi è quella legata al principio di prestazione. 
Lo scacco, l’insuccesso, il fallimento dei propri figli sono sempre meno tollerati. Di fronte all’ostacolo la famiglia ipermoderna si mobilita, più o meno compattamente, per rimuoverlo senza dare il giusto tempo al figlio di farne esperienza. Le attese narcisistiche dei genitori rifiutano di misurarsi con questo limite attribuendo ai figli progetti di realizzazione obbligatoria. 
Ma, come ha scritto Sartre, se i genitori hanno dei progetti per i loro figli, i figli avranno immancabilmente dei destini… e quasi mai felici. Avere un figlio senza difetti, capace di prestazione, riflette le angosce narcisistiche dei genitori. Il fallimento della trasmissione può essere legato a un’esigenza di clonazione, di immedesimazione nel proprio discendente, di ripetizione dello stesso destino. Era ciò che accadeva nell’epoca edipica del disagio della giovinezza. 
Ma può accadere anche che esso si produca come effetto di un’assenza di atti simbolici, come accade nel tempo ipermoderno. In questo caso non avremo l’investitura fallica, la clonazione, il carattere sacro dell’identificazione – «Diventa come me!» – ma un’esigenza superegoica di efficienza. Non conta tanto la clonazione, ma la necessità di occultare ogni imperfezione. 
I genitori di oggi sono terrorizzati dalla possibilità che l’imperfezione possa perturbare l’apparizione del loro figlio come ideale. È un nuovo mito della nostra civiltà: dare ai figli tutto per poter essere amati; coltivare il loro essere come capace di prestazione per scongiurare l’esperienza del fallimento. Ne consegue che i nostri giovani non sopportano più lo scacco perché a non sopportarlo sono innanzitutto i loro genitori. Il principio di prestazione ipermoderno è un principio di affermazione dell’io. Ma siamo sicuri che il successo dell’io si accompagni alla soddisfazione?

Parole di Massimo Recalcati, psicoanalista, tratte dal blog Minimaetmoralia, 16 marzo 2011

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